Exhibition

Decalogo per un’architettura spaziale

Dieci riflessioni sul design per un futuro interplanetario

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Come progettare realtà che consentano agli esseri umani di abitare nello spazio? Questa è la domanda che anima la special commission affidata a SOM per “Unknown Unknowns”, la 23° Esposizione Internazionale alla Triennale di Milano.

Se gli elementi che più attirano l’attenzione nell’installazione sono indubbiamente audio e video, “Decalogo per un’architettura spaziale” è nato innanzitutto come testo scritto, frutto delle conversazioni tra la curatrice della mostra, l’astrofisica Ersilia Vaudo, e un team di architetti e ingegneri di SOM che si occupa di elaborare proposte per il design di habitat extraterrestri basate su anni di progetti e ricerche.

Di seguito presentiamo il testo del decalogo: dieci principi guida che contribuiscono a definire un approccio architettonico alla vita oltre la Terra incentrato sull’essere umano.


Un punto di partenza: affrontare le forze che governano l’universo

La materia che conosciamo ha avuto origine da un evento eccezionale oggi noto come la nascita dell’universo. Sebbene la materia segua le leggi cosmiche in modi che non siamo ancora in grado di comprendere appieno, si è scoperto che esistono dei collegamenti reali tra oggetti grandi e piccoli, tra i loro diversi stati e nello spazio. L’umanità partecipa a questa interconnessione a tutti i livelli dell’universo materiale e delle sue metamorfosi. Siamo inscindibili dal suo continuum e al tempo stesso abbiamo la capacità di creare e studiare situazioni che vanno ben al di là dei fenomeni naturali. In questo senso, l’architettura è un modo di modellare l’universo totalmente autodeterminato tramite il filtro della mente umana.

La nostra conoscenza della realtà più ampia che ci circonda è rimasta limitata per molto tempo, nascosta dagli strati protettivi dell’atmosfera e della magnetosfera. Mentre la natura attorno a noi sviluppava la propria struttura materiale tramite il processo competitivo che è la selezione naturale, sprecando il minimo indispensabile nella ricerca di forme idealizzate, gli esseri umani hanno creato strutture grezze, sconfiggendo la gravità, le condizioni metereologiche e il passare del tempo tramite un susseguirsi di tentativi, errori e forza bruta. Se è vero che siamo riusciti a costruirci un habitat in cui vivere, le nostre tecniche edilizie spesso hanno avuto conseguenze non immediatamente visibili (come il rilascio di un eccesso di anidride carbonica nell’atmosfera) che, sommate nel tempo e tra le diverse aree geografiche, sono diventate una minaccia alle condizioni che hanno consentito alla nostra specie di evolversi. Iniziamo solo adesso a comprendere quanto sia difficile crearsi degli spazi in cui vivere e quanto dobbiamo fare affidamento su ciò che il nostro pianeta ha da offrire. Lontano dalla Terra, tuttavia, siamo costretti a confrontarci più apertamente con le forze che plasmano la nostra realtà.

Più ci si allontana dal nostro pianeta, più ci si rende conto che l’universo è del tutto indifferente alla sopravvivenza umana. Il solo atto di lanciare un razzo nello spazio richiede un’enorme quantità di energia, costringendoci a ottimizzare ogni grammo per evitare che l’eccesso di carico utile ostacoli fin dall’inizio il successo della missione. Una volta arrivati nello spazio, ci troviamo di fronte a un ambiente che presenta sfide molto diverse da quelle a cui siamo abituati. Mentre oggi, sulla Terra, il nostro compito è trovare il modo di vivere in armonia con il nostro pianeta e i relativi ecosistemi, nello spazio dobbiamo per forza introdurre qualcosa di estraneo: una minuscola oasi abitabile in un universo ostile. In pratica, dobbiamo cercare di ricreare una “Terra” in miniatura, un’area ben definita, capace di proteggere i suoi abitanti da ciò che la circonda e in cui ricreare artificialmente le condizioni per lo sviluppo della vita. Per realizzare questi habitat ci troviamo a saggiare i limiti della nostra attuale comprensione della scienza e della tecnologia. Dobbiamo individuare la forma più pura ed efficiente di un ambiente da poter fabbricare sulla Terra, che sia in grado di resistere al trasporto sulla Luna e di sopportare il vuoto del cosmo. In questo senso bisogna ripensare il design, tenendo conto delle forze che governano l’universo e dell’effetto che hanno sull’uomo. Per questa ragione abbiamo scelto di dividere il nostro Decalogo per un’architettura spaziale in due parti: da un lato i principi utili alla creazione di un habitat oltre la Terra, dall’altro quelli incentrati sull’esperienza umana.


Parte I: Habitat

Gravità

Il corpo umano si è evoluto in funzione della forza di gravità. Per sopravvivere nello spazio, dobbiamo trovare la gravità o riprodurla.

La pressione costante che la gravità esercita sul corpo è essenziale alla nostra sopravvivenza. Nello spazio, invece, l’assenza di gravità fa sì che la densità ossea diminuisca lentamente e i muscoli si atrofizzino. In realtà, l’assenza di gravità incide su quasi ogni aspetto della nostra fisiologia: produce danni alla circolazione del sangue, ostacola la mobilità e indebolisce il sistema immunitario.

Per sopravvivere nel lungo periodo, abbiamo due alternative: trovare la forza di gravità, stabilendoci in ambienti a bassa gravità come la Luna o Marte, oppure crearla artificialmente sottoponendo l’habitat spaziale a una rotazione. Un’accelerazione anche limitata potrebbe consentire agli esseri umani di mantenere il corpo sano con un minimo di attività fisica e allenamento muscolare.


Estremi

Fuori dell’atmosfera terrestre, l’architettura deve proteggerci dalle oscillazioni termiche.

Nello spazio, fuori dallo scudo protettivo della Terra, le temperature subiscono variazioni enormi, dalle centinaia di gradi nelle zone esposte al sole allo zero quasi assoluto di quelle all’ombra. Il nostro vicino celeste Marte è la dimostrazione di cosa succede quando un pianeta perde la sua atmosfera. Benché Marte abbia una durata del giorno e un alternarsi delle stagioni simili ai nostri, la sua pressione atmosferica è solo l’1 per cento rispetto a quella della Terra. Nella quasi totale assenza di protezione termica, la temperatura della sua superficie oscilla di 100 gradi Celsius in una giornata normale.

L’atmosfera della Terra, formata da uno strato di gas spesso decine di chilometri, ci protegge da questi estremi. L’architettura spaziale deve raggiungere lo stesso risultato con pochi centimetri di spessore.


Cicli

I cicli della materia sono il fondamento della vita sulla Terra. Il loro equilibrio è una sfida cruciale per rendere possibile la vita nello spazio.

Elementi come azoto, carbonio e ossigeno sono soggetti a continue trasformazioni da parte di organismi viventi e non. Gli atomi si spostano tra la Terra e la sua atmosfera, rilasciati o catturati da processi naturali piccoli e grandi, dalla decomposizione di una foglia operata dai batteri agli spostamenti delle placche tettoniche. Questi cicli sono la base della vita come noi la conosciamo. Quando però subiscono uno squilibrio, come accade oggi al ciclo del carbonio per colpa dell’uomo, la sopravvivenza diventa più difficile.

Nello spazio non avremo a disposizione generazioni per renderci conto che un ciclo si è interrotto. In un habitat circoscritto di piccole dimensioni, qualsiasi squilibrio può rapidamente diventare pericoloso. Dobbiamo quindi aspirare a progettare cicli completamente chiusi per creare uno spazio abitabile adatto.


Raggi

In un universo inondato di particelle distruttive e in rapido movimento, l’architettura è la nostra prima linea di difesa.

In tutto l’universo, supernove, stelle di neutroni e buchi neri lanciano atomi a una velocità quasi pari a quella della luce. Sulla Terra queste particelle sono bloccate dalle barriere costituite dal campo magnetico e dall’atmosfera. Ma nello spazio i raggi cosmici rischiano di essere letali per gli uomini.

Il sole emette anche particelle cariche e, a volte, potenti onde di plasma: il cosiddetto fenomeno delle espulsioni di massa coronale. Nessuna delle forme di vita presenti sulla Terra può sopravvivere se esposta a radiazioni di tale entità.

In una prospettiva di insediamento a lungo termine, i nostri habitat spaziali devono servire da scudo. La sfida, tuttavia, è trovare un equilibrio tra il costo legato al lancio di questi materiali e la protezione che possono fornire.


Massa

Trasportare materiali da costruzione nello spazio ha un costo proibitivo, per cui è necessario minimizzare le risorse portate dalla Terra.

Spostare una massa dentro e fuori da un campo gravitazionale richiede enormi quantità di energia e ha quindi costi altissimi. Nuove tecnologie come i razzi riutilizzabili potrebbero ridurre i costi dei voli spaziali, ma da sole non basteranno a risolvere il problema fondamentale del trasporto dei materiali da costruzione per un insediamento a lungo termine.

L’uso efficiente dei materiali, soprattutto quando provengono dalla Terra, è quindi un fattore cruciale. Ogni grammo ridotto nel carico utile farà risparmiare da dieci a venti grammi di carburante. In definitiva, la soluzione migliore è utilizzare risorse disponibili nel luogo di destinazione: dobbiamo trovare modalità costruttive che sfruttino gli elementi esistenti sulla superficie della Luna e di altri pianeti.


Parte II: Esperienza Umana

Isolamento

L’architettura spaziale deve alleggerire il senso di isolamento e al contempo consentire la privacy.

Noi esseri umani non siamo fatti per un’esistenza isolata e non possiamo sopravvivere senza interazioni con gli altri. Allo stesso tempo, abbiamo un assoluto bisogno di privacy. Gli habitat spaziali dovrebbero consentire ai residenti di trovare il giusto equilibrio tra socialità e solitudine, condivisione e privacy.

L’architettura extraterrestre dovrebbe riproporre la varietà di spazi aperti e privati esistente nelle comunità sulla Terra. Oltre a luoghi in cui star soli, dovrebbe offrire spazi in grado di accogliere due persone, un piccolo team oppure un’intera comunità.

Le finestre sono una componente essenziale di ogni rifugio, anche negli ambienti più inospitali. Nonostante l’aumento del rischio connesso alla rottura dello scudo protettivo, i vantaggi psicologici di una veduta esterna sono fondamentali.


Simbiosi

Un habitat spaziale dovrebbe essere un ecosistema in cui gli uomini coesistono insieme ad altre specie.

Un tema ricorrente nella fantascienza riguarda il rapporto tra essere umano e macchina nell’esplorazione dell’universo. In realtà, l’esplorazione a lungo termine dello spazio dipenderà non solo dalla tecnologia, ma anche dalla biologia.

Le piante svolgono molti ruoli fondamentali nella progettazione degli habitat spaziali. Possono costituire una fonte di alimenti freschi, particolarmente importanti per una comunità che vive in isolamento. Purificano l’atmosfera e ampliano la gamma di esperienze sensoriali. La loro presenza aumenta il benessere psicologico. Le parti non commestibili, poi, possono inoltre essere usate come materia prima per materiali utili.

Trovare il giusto equilibrio tra vita umana e vegetale a bordo è una sfida fondamentale. La biodiversità va quindi integrata nell’architettura.


Resilienza

Per la sicurezza dell’uomo nello spazio, dobbiamo progettare un habitat in grado di far fronte a qualsiasi emergenza.

Lo scopo delle norme edilizie sulla Terra è quello di fornire vie di fuga sicure per uscire da una struttura in caso di eventi catastrofici come incendi o terremoti. Se tutti riescono ad allontanarsi vivi da un edificio, architetti e ingegneri avranno compiuto la loro missione. Nello spazio vale il contrario. Fuori non c’è nessuna sicurezza: l’ambiente esterno è più letale di qualsiasi evento catastrofico possa verificarsi all’interno. La struttura deve essere abbastanza robusta da permettere all’equipaggio di restare al sicuro senza lasciare l’habitat.

Per raggiungere questo obiettivo saranno necessari diversi livelli di schermatura in ogni sistema. Per esempio, un insediamento in espansione potrebbe essere diviso in segmenti, con almeno due vie di fuga per uscire da ogni ambiente ed entrare in un altro spazio pressurizzato. La progettazione e l’architettura devono eliminare ogni singolo punto di vulnerabilità.


Luce

Un’illuminazione dinamica può rafforzare i ritmi circadiani e aumentare il benessere.

L’uomo si è evoluto nel ciclo delle 24 ore di luce e buio creato dalla rotazione del nostro pianeta. Il nostro bisogno di sonno e gli effetti deleteri dell’interruzione dei ritmi circadiani sono ben noti.

Altri luoghi del sistema solare hanno un’alternanza di luce e buio molto diversa da quella della Terra. Sulla maggior parte della superficie lunare, per esempio, quattordici giorni di sole seguono a quattordici giorni di buio, mentre al suo polo sud la luce del sole brilla praticamente ininterrotta per quasi tutto l’anno.

La luce artificiale può rafforzare i ritmi circadiani naturali. Il passaggio meccanico dalla luce accesa a spenta non fornisce le variazioni di intensità e colore che fanno parte del ciclo naturale giorno-notte. Un’illuminazione più dinamica ed elaborata può creare invece una varietà e un ritmo favorevoli alla vita.


Colore

Ricreare nello spazio la varietà di colori presente sulla Terra può apportare vantaggi emotivi e psicologici.

Il fenomeno dinamico del colore è un tratto tipico del nostro ambiente naturale. Al contrario, la superficie grigia della Luna presenta una “maestosa desolazione”, per usare le parole dell’astronauta Buzz Aldrin; l’unica macchia di colore è la Terra stessa, immota e sospesa nel cielo.

L’uso strategico del colore ha una lunga storia nel campo dell’esplorazione. L’esploratore polare Fridtjof Nansen dipinse la sua nave con colori vivaci, in previsione della monotonia del bianco delle lunghe giornate artiche. Più di recente, i progettisti delle stazioni di ricerca in Antartide si sono avvalsi della consulenza di psicologi del colore per aiutare ad alleviare la deprivazione sensoriale.

L’uso complementare del colore e della luce può apportare profondi benefici emotivi. Nello spazio circoscritto dell’habitat, i colori che mutano nel tempo possono diminuire la sensazione di affollamento o isolamento.